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Favignana

e la tonnara:

un antico legame

La storia della tonnara Florio

Il legame di Favignana con la lavorazione del tonno ha radici che risalgono alla fine del XV secolo. Da quel periodo, l’isola ha sviluppato un piccolo centro abitato e ha visto crescere generazioni di esperti lavoratori del tonno. La svolta decisiva avvenne nella seconda metà dell’Ottocento, quando lo stabilimento di Favignana, guidato da Ignazio Florio, superò la concorrenza di tutti gli altri centri produttivi del Mediterraneo.

Nel 1874, Ignazio senior acquista le isole Egadi e le tonnare dei marchesi Rusconi e Pallavicini. A quel tempo, a Favignana esistevano due impianti di lavorazione: uno gestito dai genovesi Drago e uno costruito da Eugenio Pretto nel 1870, entrambi acquisiti da Ignazio Florio nel 1880. Il nucleo originario della tonnara di Drago, chiamato “Torino” perché costruito da operai piemontesi lontano dal centro abitato, si ampliò rapidamente con l’acquisizione di diversi terreni da parte di Ignazio Florio.

L’ingegnere incaricato dei lavori fu Filippo La Porta, con Gaetano Caruso, uomo di fiducia dei Florio, nominato amministratore. Questa collaborazione portò alla realizzazione del “primo stabilimento di Tonnara dell’intera Europa”. L’impianto di produzione fu completamente modernizzato attraverso una razionalizzazione del ciclo produttivo e l’adozione di macchinari che “industrializzarono” una delle attività più tradizionali in Sicilia.

Nonostante il declino della famiglia Florio nel primo decennio del Novecento, le tonnare non furono chiuse e continuarono la loro attività fino agli anni Settanta sotto l’egida dei Parodi. Nel 1991, lo stabilimento fu acquisito dalla Regione Siciliana e, dopo un lungo restauro, è ora una sede museale.

La famiglia Florio

La storia della famiglia Florio non è soltanto un’avvincente saga familiare, ma rappresenta anche un capitolo significativo della storia della Sicilia della fine del XIX secolo.

Paolo Florio (1772-1807), originario della Calabria, si stabilì a Palermo alla fine del Settecento, dando vita a un negozio di spezie e importando prodotti da paesi asiatici, africani e americani, come caffè, cacao, cannella e chinino. L’ampliamento degli affari della famiglia fu opera del fratello di Paolo, Ignazio (1776-1828), che assunse la gestione dell’azienda alla morte del fratello. Capendo la necessità di espandere gli affari familiari, Ignazio iniziò a prendere in affitto alcune tonnare e inviò suo nipote Vincenzo a studiare in Inghilterra.

L’ambizione imprenditoriale di Vincenzo (1799-1868) portò la famiglia a un successo senza precedenti, avviando un’attività industriale con il vino Marsala, il cognac, il tabacco, e il cotone. Inoltre, creò una compagnia di navigazione con contatti commerciali olreoceano. Il figlio di Vincenzo, Ignazio senior (1838-1891), ampliò ulteriormente le attività avviate dal padre. Oltre alla vinificazione e all’industria dello zolfo, acquista le isole Egadi, tra cui Favignana e Formica, e vi stabilì tonnare con oltre 900 operai. Introdusse un innovativo metodo di conservazione del tonno sott’olio, l’inscatolamento nelle lattine, che ancora oggi ne facilita il trasporto e il consumo in qualsiasi luogo. Con Ignazio senior, Favignana subì una trasformazione architettonica significativa, con la costruzione di Palazzo Florio, della Camparia, dei Pretti e la ristrutturazione dello stabilimento di famiglia.

Protagonisti della Belle Époque siciliana furono sicuramente Ignazio Florio junior (1868-1957) e Donna Franca (1873-1950), figlia di aristocratici palermitani. Non solo continuarono la fortuna di famiglia, ma furono anche generosi mecenati, creando intorno a sé un ambiente di raffinata mondanità e cultura. Dopo la prima guerra mondiale, iniziò la decadenza della fortuna dei Florio e Ignazio tentò invano di opporsi al disfacimento della famiglia, funestata al contempo da diversi lutti.

Collezioni del Museo Pepoli, Pavimento con mattanza (manifattura napoletana, metà del XVIII sec., ceramica, cm. 290 x 442)

Collezioni del Museo Pepoli, Pavimento con mattanza (manifattura napoletana, metà del XVIII sec., ceramica, cm. 290 x 442)

Palermo, Villa Zito - Sicily Art and Culture, società strumentale della Fondazione Sicilia

Palermo, Villa Zito – Sicily Art and Culture, società strumentale della Fondazione Sicilia

La mattanza rappresentata

Il Museo Pepoli propone a visitatori due preziosi pavimenti settecenteschi dedicati alla pesca del tonno, in specchi di mare indefiniti. Il pavimento, realizzato probabilmente da una bottega napoletana per il palazzo trapanese del Duca Melchiorre Curatolo, interpreta la mattanza in modo non cruento, immergendola in un tempo e in un’azione sospesi, prosciugata di ogni drammaticità. Il mare è immobile, i marinai, distribuiti su tre bastardedde, mostrano gesti appena accennati, i tonni percorrono senza alcuna emozione la tonnara, qui descritta come una perfetta griglia geometrica di reti.
È ben diversa la rappresentazione della mattanza proposta nel pavimento in maiolica, di probabile manifattura napoletana, della Chiesa trapanese di S. Maria della Grazia, sede della comunità di pescatori, tonnaroti e corallari. All’interno di motivi decorativi rococo è rappresentata la fase finale e cruenta della mattanza che, nelle acque agitate della camera della morte, vede l’ingaggiarsi della battaglia tra i tonni, con gli occhi sbarrati dalla paura, e i tonnaroti, impegnati a tirare su le prede.

Dobbiamo spostarci un secolo dopo, intorno al 1876, per ammirare i dipinti ad olio del pittore genovese Antonio Varni, che rappresenta lo Stabilimento di Favignana ancora privo dell’attuale prospetto, e l’area del bosco con la tirata a riva dei tonni. Dieci anni dopo assume un’importanza storica, oltre che artistica, il bellissimo dipinto ad olio esposto nella palermitana Villa Zito e realizzato da Antonino Leto per Ignazio Florio, a suggellare il profondo legame di quella famiglia con Favignana. Ancora una volta il tema rappresentato è lo scontro drammatico tra tonnaroti e tonni, qui enfatizzato con sapienza pittorica dall’agitarsi furioso dell’acqua presso la camera della morte, che si contrappone al sereno distendersi del mare all’orizzonte.

Il circuito delle tonnare in Sicilia

I tonni si lasciano guidare dalla corrente atlantica in tarda primavera, entrano in branco dallo Stretto di Gibilterra nel Mediterraneo e qui si riproducono, percorrendone le coste. Completato il ciclo, compiono il percorso inverso a fine estate. È così che le tonnare, realizzate con le reti dai pescatori, siano suddivise tra le “tonnare di corsa” che li catturano nella fase della riproduzione, tra maggio e giugno, e le “tonnare di ritorno” per catturarli alla fine di questo periodo.

La posizione nel Mediterraneo e i profili dei suoi litorali rendono la Sicilia un luogo ideale per la loro cattura e spiegano il grande numero e l’alta qualità degli edifici realizzati a servizio delle tante tonnare presenti lungo le sue coste. Architetture e testimonianze etno-antropologiche di eccezionale qualità che impreziosiscono la fitta trama costiera di saline, borghi marinari, torri, edifici difensivi, porti, fari. Accanto a numerosissime tonnarelle si sono insediate nel tempo le grandi tonnare di corsa, soprattutto lungo le coste trapanesi (come quelle di Favignana e Formica, Bonagia, Scopello, Magazzinazzi, Cofano, S. Giuliano) palermitane (Arenella, Vergine Maria, Solanto, Trabia, San Nicola l’Arena …) messinesi (Oliveri, Tono di Milazzo…). Popolano invece le coste meridionali le tonnare di ritorno (come quelle di Siculiana, Sciacca, Capo Granitola, Marzamemi, Capo Passero, Pachino…).

Un patrimonio ricchissimo di qualità architettoniche e vicende storiche, tecniche di pesca e tradizioni, che attraversa le vicende siciliane fin dai primi insediamenti nel medioevo, per concludersi nel ‘900 con una crisi industriale irreparabile. Una storia di attacchi pirateschi e difese costiere, potere reale e imprenditorie private, scandita da affascinanti cartografie, minuziosi elenchi, relazioni tecniche, disegni, incisioni.

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